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CALCIO | 24 dicembre 2014, 09:00

"Non riuscivo a credere che Trebini fosse un giocatore..."

Andrea Lenzo, presidente della Sammargheritese: "Poi gli ho visto fare cose da campione. Camisa? E' il mio Sir Alex Ferguson, Bertorello è un fuoriclasse, Lorenzo Macchiavello un amico"

Andrea Lenzo, presidente Sammargheritese

Andrea Lenzo, presidente Sammargheritese

Nome e Cognome:  ANDREA LENZO        
Data di nascita:  06 LUGLIO 1973
Ruolo: PRESIDENTE 
Squadra:  SAMMARGHERITESE 1903
Categoria: ECCELLENZA

 

Chi, fra gli allenatori avuti alle tue dipendenza, che ti ha stupito di più? In prima squadra ne ho avuti solo due.  Marco Camisa per me è il Sir Alex Ferguson della Sammargheritese. Che fosse un amante del calcio, che gli piacesse allenare lo sapevo. A  la  preparazione della partita e la lettura in corsa della gara sono da maniaco vero e proprio. Sotto questo aspetto è un professionista, non un dilettante. Mi ha davvero stupito.  Poi ha un grande pregio: riesce a far rendere tutti i giocatori al massimo delle loro potenzialità. Ragazzi che altrove faticherebbero a scendere in campo in prima categoria, con lui si trasformano in buoni giocatori di Eccellenza. A dispetto del carattere non proprio docile del Mister, i giocatori sono i primi a rendersene conto e a seguirlo ciecamente nelle sue indicazioni.

Chi è il giocatore che ti ha stupito di più? Facile rispondere il nostro numero 10, il Capitano Bertorello. Un fuoriclasse. La nostra fortuna è che facendo di lavoro il direttore di banca, non si é mai potuto permettere di salire di categoria, dove gli allenamenti sono tutti pomeridiani. Ma io da sempre, prima ancora da tifoso, sono innamorato dei giocatori di fascia. Faccio un solo nome su tutti: Paolo Trebini (attuale capitano del Moconesi). Al primo incontro non riuscivo a credere che fosse un giocatore. Poi gli ho visto indossare la numero 7 e fare cose da campione. Una gioia per gli occhi vederlo giocare, ancora oggi resta il mio  preferito. E’ anche simpaticissimo, con Piropi nei due anni di Promozione hanno mantenuto alto il livello di allegria nello spogliatoio.

L’avversario più forte che hai incontrato? Molti giocatori del Vado dello scorso anno erano davvero di un’altra categoria. Negli anni della Promozione incontrare Cattardico mi metteva sempre un po’ di ansia.

La partita che ricordi con più piacere? Dovrei dire la partita che è valsa la promozione in Eccellenza contro il Quiliano, ma è una sofferenza per tutti i 90 minuti. Troppa tensione. In verità, quella più emozionante è stata la penultima di campionato il primo anno in Eccellenza contro il Vallesturla. Rischiavamo di andare ai play-out.  Dopo essere passati in vantaggio con Lorenzo OImo, siamo stati raggiunti e superati. Tutto sembrava perduto. Poi un ragazzino terribile, Giacomo Ilardo, con due gol fotocopia  alla Del Piero, da fuori area,  di destro a giro sul secondo palo, negli ultimi minuti ci ha regalato vittoria e salvezza. Nessuno riusciva a crederci. Fu davvero una grande gioia.

La tua gioia sportiva più grande? La vittoria della Coppa Italia lo scorso anno. Non solo per me, ma per tutta la mia dirigenza. Parliamo di persone come Frignani, Scavino, De Martini, Risso che sono nel calcio da oltre 30 o 40 anni. Che hanno vissuto e seguito questo sport su tutti i campi, anche di Seconda e Terza categoria. Poi un giorno ti svegli e vinci la Coppa Italia di Eccellenza. Sei ai vertici del calcio dilettantistico della tua regione. Non si può spiegare l’emozione.

E la delusione?   Forti delusioni sportive fortunatamente sino ad oggi non ne ho avute. Diciamo che il periodo dell’avvicendamento di Macchiavello lo scorso anno non fu facile. Lorenzo è un amico e mi è costato molto a livello personale. 

Parliamo di obiettivi: dove può arrivare, in questa stagione, la tua squadra?  Come sempre l’obiettivo è una salvezza “facile”  e con largo anticipo. Per il gioco espresso sino ad oggi, l’attuale terzo posto in classifica e strameritato. Spero alla fine di vedere la Samm nelle prime cinque posizioni. Sarebbe davvero una bella soddisfazione. 

Cosa vuol dire, nel calcio di oggi, essere il presidente di una società?  La Sammargheritese è una realtà un po’ particolare. La nostra non è una società verticistica, non c’è un “padrone”. Direi che siamo più una cooperativa, dove ciascuno ha il proprio ruolo. Fare il presidente oggi vuol dire occuparsi di aspetti organizzati e burocratici non di poco conto. Essere sempre alla ricerca delle risorse economiche per tenere in piedi la struttura e di questi tempi non è facile. Vuol dire far da tramite tra le tante anime ed i diversi caratteri interni al gruppo. Non parlo solo della prima squadra, ma anche del settore giovanile. Gestire una macchina con più di 200 persone a bordo. Significa anche assumersi la responsabilità di rappresentare la società davanti all’Amministrazione comunale e all’opinione pubblica. Non è un semplice hobby. Serve tante passione, ma anche la giusta dose di distacco. A livello personale vuol dire avere tanti pensieri in più e dover  sottrarre un po’ di tempo alla famiglia. Al momento non mi pento di nulla ed anzi sono molto felice ed orgoglioso del mio ruolo. Come recita una splendida poesia “ Fin dove il cuore mi resse, arditamente mi spinsi”. Potessi esprimere un desiderio, vorrei solo una cosa: vorrei che questo grande amore verso i colori arancioni contagiasse un po’ di più  i sammargheritesi, al Broccardi se ne vedono ancora troppo pochi.  La speranza, però, è sempre l’ultima a morire. 

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